La Masseria Pozzo Tre Pile risale al XVIII secolo. E’ composta da un gruppo di 16 Trulli, in cui soggiornano gli ospiti, la Casa Padronale, circondata da ampi spazi di terreno destinati a pascolo e da un grande bosco di querce.
Il restauro è stato condotto nel rispetto della tipologia costruttiva originale, conservando nei Trulli gli elementi autentici quali pavimenti in pietra, alcove, mangiatoie e particolari vari, valorizzandoli al fine di ottenere un risultato di grande interesse storico e architettonico.
Siamo nelle Murge Sud-Orientali, in Valle d’Itria, precisamente a Martina Franca dove l’architettura spontanea delle costruzioni di pietra a secco si evolve in quella ben più complessa, ma pur sempre sobria e lineare, delle bianche masserie e dei casini di villeggiatura, che a partire dalla metà dell’Ottocento si andarono diffondendo sulle colline della nostra zona.
E’ la campagna dei trulli e degli olivi, dei muretti a secco e delle querce secolari.
La masseria Pozzo Tre Pile trae il proprio nome dalla presenza di tre grandi “fogge” circondate da pozzi e “Pile”. In queste fogge sono evidenti le tracce di tecniche antichissime per la raccolta dell’acqua, un bene particolarmente prezioso in una zona che ne offriva poca: solo acqua piovana. Le fogge infatti sono cisterne scavate entro la roccia calcarea, nei punti più a valle dove più facilmente poteva essere convogliata l’acqua proveniente dai terreni più a monte che spesso venivano terrazzati per arrestare l’erosione, convogliando l’acqua nei punti in cui più serve. Diversi pozzi perimetrali e un certo numero di “pile”, realizzate con grossi massi di pietra incavata, circondano queste cisterne . L’acqua raccolta nelle pile serviva per abbeverare gli animali, per innaffiare gli orti. Nella masseria “Pozzo Tre Pile” esistono tuttora tre fogge di cui due all’interno ed una lungo la strada. I carrettieri infatti, che commerciavano risorse della nostra terra, come vino, olio, grano, ma anche i contadini, i pastori, i viandanti, lì si dissetavano, abbeveravano le proprie bestie e dopo una breve sosta si rimettevano in cammino sulle strade polverose per raggiungere i centri abitati. La masseria, dal latino massa, ovvero “insieme di fondi”, è un insediamento edilizio rurale tipico del XVI – XVII secolo, che ha rappresentato per lungo tempo il tipo di azienda, a carattere agricolo-pastorale, più diffuso in Puglia; si potrebbe definire un sistema autarchico, autosufficiente, dove non doveva mancare nulla di ciò che serviva per le necessità primarie dei suoi abitanti, a iniziare dall’acqua, per finire al forno per la cottura del pane, al “palmento” per la spremitura dell’uva e la fermentazione del vino, il frantoio per la spremitura delle olive. Ogni masseria ha un unico ampio spazio centrale, anche con funzione di aia, su cui si affacciano gli ingressi dei vari edifici di residenza e lavoro, circondato da un recinto, costituito da un muro alto e fortificato, con una grande porta d’ingresso, sbarrata da un robusto portone, che permetteva l’accesso al grande cortile anche alle carrozze e ai carriaggi da trasporto. In genere in una parte dell’edificio abitava il proprietario e la sua famiglia, altre erano adibite all’uso abitativo dei contadini e come depositi delle provviste. All’interno del cortile vi erano anche le stalle per i cavalli o per i muli o le mucche, nonché i locali per capre, pecore, polli, conigli e volatili vari di allevamento. Altri locali servivano per il deposito degli attrezzi da lavoro, i depositi per foraggi e i raccolti. Se in Puglia le masserie rappresentano la grande proprietà fondiaria, le costruzioni a secco come i trulli, testimoniano l’esistenza della piccola proprietà contadina. Accanto ai muretti a secco tipici della campagna del Salento e ai bellissimi trulli della Valle d’Itria, troviamo Pajare, Lamie, Casedde e Furneddhi. Realizzati con murature molto spesse al fine di garantire una buona conservazione del calore all’interno durante l’inverno ed un piacevole fresco in estate sono irripetibili testimonianze della saggezza contadina.